.. E ritenuto tutto questo, ed altro ancora che non ricordo, domando s'egli era bene lasciare che cotesto assembramento di uomini esaltati si operasse? - I miei Giudici dunque non avrebbero pensato ad alcuna provvidenza al fine d'impedirne o reggerne i moti? Hanno mai avvertito i miei Giudici alle sventure, che dovevano temersi possibili dal mescersi di tante generazioni di uomini senza freno, e senza guida? - Balenò mai loro alla mente il fiero caso, ch'esse giungessero a impedire la partenza del Principe.... e quello, che è anche a imaginarsi più orribile, che lo sostenessero?
Accusa, Giudici, - che fin qui non mi avete giudicato, ma calunniato, - non parlo a voi. Voi irridete le mie parole, e a mezza voce mormorate il ritornello:
Lustre, mostre, ed arti per parere;
arti solite di chi doppio ha il cuore, con quello che seguita: - io parlo al Paese, che mi sarà più pio.
Consideriamo il Dispaccio al Governatore di Livorno: la sua data è del 14 febbraio; - dunque molto tempo dopo le coartazioni e le minaccie perigliose della stampa, dei Faziosi, del Circolo fiorentino e delle Deputazioni maremmane. Il Dispaccio parla di lettere che mi vengono poste sotto gli occhi; dalle quali espressioni si ricava, che una gente estranea, desumendone necessità di misure immediate, non mi lasciava neanche tempo a copiarle, onde senza dilazione si spedissero gli ordini. Dall'8 al 14 febbraio corre pure un bel tratto! Sei giorni: quanti appunto mi rinfacciavano essermi rimasto inerte. Nei tempi di rivoluzione sei giorni paiono, e veramente sono, una eternità. La stanza del Granduca al Porto Santo Stefano si conobbe presto; dunque finchè non mi violentarono, io stetti inoperoso.
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