A Sir Carlo Hamilton, che me ne fece istanza, detti carta amplissima perchè lo lasciassero passare liberamente; e non solo questa carta io gli affidai, ma consenso espresso a quanto intendeva proporre.
Ed ecco quanto egli aveva in mente proporre, e mi affermò avere proposto. Spontaneo, o, come credo piuttosto, di concerto con personaggi cospicui della città nostra, egli restringendosi meco mi confessava volere tentare l'animo dell'A. S. a deporre i fastidii del molesto Governo, rassegnandolo al suo reale Primogenito; e mi ricercava, nel caso che il suo consiglio venisse accolto, se avrebbe potuto ripromettersi la mia adesione. Io risposi quello che ora non dubito manifestare: parermi il Popolo troppo acceso adesso; essere di mestieri liberarlo prima dagli stimoli urgenti e incessanti; poi dargli tempo a riaversi dal delirio; per questi argomenti egli sarebbe tornato per certo alla devozione antica; in quanto a me, tranne la momentanea esaltazione, crederlo, anzi saperlo bene affetto al Principato; la più parte dei Toscani desiderare le libertà costituzionali, e di queste chiamarsi contenta; per siffatta mia convinzione, confermata dai Rapporti officiali e da particolari notizie, potere egli ritenere per fermo, che avrei di buon grado aderito a tutto quanto tornasse di vantaggio al Paese, onorevole per me. Sir Carlo tornando mi riferiva bene avere del suo proponimento tenuto motto a S. A., ma, rinvenuto il terreno poco arrendevole, essersi trattenuto dallo insistervi sopra. Motivi di convenienza, che anche in mezzo ai pericoli e alle provocazioni della intemperantissima Accusa reputai mio dovere osservare, mi persuasero ad astenermi da esporre questi fatti, finchè Lord Giorgio Hamilton visse, e Sir Carlo dimorò in Firenze.
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