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      Ma allorchè le libere istituzioni, per la logica conseguenza, gli mostrarono come bisognasse romper guerra allo straniero, allorchè, per comunione di dolori, Italia chiese di tornar Nazione, la coscienza di quest'uomo si ribellava, gli permetteva di dire e disdire, ed anzi gl'imponeva di farsi segnacolo di dissidii civili. Dal Porto di Santo Stefano cotesta sua coscienza attende che batta l'ora della nostra sventura.
      Toscani! Facciamo per modo che esso attenda invano. Il nostro maraviglioso passato, il nostro senno, la nostra dignità c'ispirino; maestri di civiltà in altri tempi, mostriamo all'Europa che le libere tradizioni vivono intiere negli animi nostri, che in noi non vi ha ira di parte, ma sì febbre di riscatto nazionale, e che se fummo infelici e divisi per le congiurate previsioni di Principi, liberi ora, sapremo volere e tornar grandi. Considerate di qual sorte sia la coscienza di quest'uomo. Essa gl'impone ora di lasciare così gli amici come i nemici in balía della incertezza; lo forza di aderirsi allo scomunicatore di Gaeta e di assistere dalla lunga alle soffiate vampe di Empoli; lo mette d'accordo coi consigli dell'Austria che ne concertava la fuga, e lo fa rinnegare il proprio Popolo, la propria parola. Circondato da arme, e vinto da interessi stranieri, quest'uomo si confida di seminar paure, di suscitare stragi e rapine nel suo nome. Disperato per la prevalenza d'un principio, esso si appiglia ad una fazione ingannata, specola sulla ignoranza dei Popoli della campagna, e pone così il suggello al proprio decadimento.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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