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      Hanno mai provato i miei Giudici il Popolo quando viene in siffatto arnese a visitarvi a casa? - Se lo avessero provato, se anche veduto, o se almeno fattoselo raccontare, io quasi quasi mi persuado che non avrebbero scritto la coazione poca, o nulla, o esclusa dai primi atti co' quali, e ne' quali, ec., come in altra parte fu detto.
      E gli urli mi percossero nella mia stanza, dove stavo di corpo infermo, e della mente peggio, però che quel contendere ogni momento la fama e la vita, è tale martirio che logora viscere di bronzo. Qui non vi era tempo da perdere. Se il Popolo tornava imperversando nell'ostello già violato, mi lacerava di certo; risolvei, per subita ispirazione, andare contro lui. Presi (nè so bene il perchè, non potendo l'uomo negl'improvvisi moti dell'animo rendere ragione a sè stesso dell'operato) uno squadrone, e correndo giù per le scale mi presentai al Popolo dicendo: "Chi è che mi accusa di tradimento? Io non fuggo, chi ha cuore mi seguiti(446)."
      Il Popolo brontolando si acquietò alquanto; ed ecco come mi trovai sospinto a partire per Lucca. Così i Francesi sospetti, nella prima Rivoluzione, riparavano al campo per sottrarre il capo alle parigine stragi.
      E avvertite che appena uscito da Firenze, o sia che per le relazioni dello Inquisitore, che mi avevano messo al fianco, della mia fede dubitassero, o sia che per sospetto spontaneo le consuete ubbie riassumessero; fatto sta, che allo improvviso mi giunse dietro per staffetta il richiamo: al quale, non senza sdegno, rispondendo io per via telegrafica da Lucca il 22 febbraio 1849 diceva: "Non posso partire di qua senza vergogna, e SENZA CHE MI SI DICANO LE RAGIONI DELLA CHIAMATA(447)." L'Accusa fra i suoi Documenti riporta un conto dell'oste Bordò pel Niccolini, e da cotesto conto appunto si conosce ch'egli meco non venisse, nè io meco lo conducessi, imperciocchè se fosse stato del mio seguito nei miei quartieri e non altrove avrebbe albergato, alla mia mensa, e non a quella dell'oste, seduto(448). L'Accusa, inoltre, cita ricavandone motivo a mio danno l'espressioni contenute nel Dispaccio spedito da Massa il 23 febbraio 1849, le quali dichiarano: "Ho servito fedelmente, e lo dico con franchezza, il Principe Costituzionale: servirò con uguale fedeltà il Popolo, non ne dubitate(449)." Queste parole testimoniano aperto com'io venuto in sospetto m'ingegnassi inspirare la fede che meritavo; come ai miei stessi Colleghi, che di me, non pur gli atti, i pensieri conoscevano, la mia devozione religiosa agli interessi del Principato Costituzionale contestassi, e finalmente, e di ciò mi onoro, che con zelo e sagrifizio pari mi sarei, siccome invero mi sono, consacrato agl'interessi del Popolo, per liberarlo a un punto dagli scellerati furori degli anarchici, e dei reazionarii.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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