La copia della lettera del 19 febbraio suona in diversa guisa: "Approvansi i suoi provvedimenti. Noi corriamo alla frontiera dalla parte di Massa. Colà urge il pericolo. Leopoldo penso che attenda a fuggire. Mandi a Orbetello, a Massa, San Filippo, e Rocca Santa Caterina. Il Pretore di Santo Stefano si porti dal Granduca, e gli dica, che il Governo, eletto dalle Assemblee e dal Popolo, gli partecipa che la reazione non può avere luogo; che la sua presenza ecciterà, come ha eccitato, qualche facinoroso al delitto; che è indegno di Principe cospirare a turbare l'ordine, che dice raccomandare. La nazione giudicherà di lui come Sovrano. Il Pretore faccia il suo dovere; se non può farlo protesti all'Ammiraglio, che con la minaccia dei cannoni inglesi s'impedisce il Magistrato ad eseguire gli ordini del Governo(452)."
Ora parmi chiaro, che meco conferendo e con altri il Ministro dello Interno ricevesse commissione di comporre il Dispaccio dietro le traccie dello appunto trascritto sopra la lettera del signor Mancini del 12. Questo naturalmente successe nelle prime ore del giorno 18, dopo lo arrivo della posta. I casi avvenuti in cotesta fiera giornata, le ardenti accuse mosse contro il Governo di avere con negligenza colpevole somministrato motivo alla guerra civile, e la necessità di difenderci all'uopo da persone, che si erano arrogate il diritto di sorvegliare i nostri atti, i nostri moti di ora in ora, e perfino di minuto in minuto, persuasero di certo alla svegliata prudenza del signor Marmocchi di mettere nel Dispaccio parole più colorite, e provvedimenti, che nè allora seppi, e neppure adesso so che cosa mai potessero importare.
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