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      Avremmo chiamato i Piemontesi? Rammentisi senza amarezza, e non per incolpare cotesti Popoli, speranza e decoro del nostro Paese, ma sì taluno di coloro che in quel tempo gli resse, come meschine cupidità, in mal punto messe in campo, facessero diffidare dei loro aiuti. Vorrei anche credere di leggieri quello che ci assicurava il Ministro piemontese, intendo dire, le molestie tutte non dipartirsi già dal Governo, ma sì dalla trista genìa degli uomini zelanti che dimorava a Sarzana, se l'azione diretta del Governo nel negozio dell'Avenza non mi costringesse a dubitarne. - Comunque sia, Piemontesi o non Piemontesi, entrando su le nostre terre in sembianza ostile, diventavano stranieri; e questo non sarebbe stato bene per noi, nè per loro. Dunque, alle armi non domestiche, molto meno alle straniere, non dovevo immaginare che si volesse nè che fosse bisogno ricorrere. E qui mi si conceda che a mente tranquilla torni a lamentare la subitezza di Vincenzo Gioberti, peccato ordinario delle indoli generose; però che io gli scrivessi nel 21 febbraio la Nota referita nelle precedenti pagine proprio per porgergli l'addentellato onde trovar modo a comporre prudentemente le cose italiane ogni giorno più ardue; ed è da credersi che lo avremmo trovato. Piacque ai Cieli altrimenti!
      Gli accidenti interni, o rivoluzioni condotte per forza, senza sangue non si operano; male, se le forze dei Partiti si equilibrano; peggio, se no. Feroce nel primo caso la guerra civile; nel secondo ferocissima e spietata: imperciocchè allora vi si unisca la paura; e di questo fu toccato altrove.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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