No, - ha da morire;
risponde la turba. Nè anche adesso si sgomenta il Vescovo: e "Voi cristiani siete" egli dice, "concedete dunque che da cristiano muoia; bastivi uccidere il corpo, deh! abbia salva almeno l'anima." Allora il Vescovo riceve la confessione del meschino, e levata la destra lo scioglie benedicendo dai suoi peccati; quindi aggiunge con voce benigna: "Voi lo potete trucidare adesso." Il Popolo si sente ammollire la durezza del cuore; non osa: e il Thommassin è salvato.
Certa sera del marzo 1849 io mi riduceva al Palazzo Vecchio, quando posto il piè su la piazza scôrsi moltitudine di Popolo imperversarvi dintorno; e un grido funesto mi percosse: "Li vogliamo morti." Accorrendo vidi come la Guardia Nazionale ritrattasi nel quartiere avesse chiuso le imposte, con poco frutto però, chè la calca facendo forza minacciava fracassarle; tempo non mi parve cotesto di fermarmi a interrogare di che cosa si trattasse, nè gli arrestati qual nome si avessero: uomini erano. Penetrato a stento nell'atrio dove mette capo l'usciolino del quartiere, questo pure rinvenni custodito dalla moltitudine sospettosa, e chiuso per di dentro: bussai più volte, ma non si attentavano aprire; se non che avendo ravvisata la mia voce lo schiusero un poco, tanto che io potessi entrare, e subito tornarono a chiuderlo dopo le spalle. Mi apparvero davanti due giovani, morti giudicati alle sembianze; ignoto il primo, notissimo il secondo, ch'era Tommaso Fornetti. Amicizia antica mi legava con la sua famiglia, con la sua parentela, con lui, del mio Studio onorevole ed onorato frequentatore; e se non fui io che feci ottenergli lo impiego di Segretario al Ministero degli Esteri (chè di tanto non posso vantarmi), certo egli mi provò in cotesta congiuntura caldissimo e non inefficace promotore.
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