In Roma le deliberazioni avevano a prendersi gravemente nell'Assemblea eletta dal voto universale; qui, a furia di Popolo, anzi di una frazione di Popolo. A Roma, perchè conoscevate gli umori della Nazione favorevoli ai disegni vostri, gli rispettaste; qui, perchè li dubitaste contrarii, bisognava contentarci degli schiamazzi; e chi esitava, si doveva eccitare; chi repugnava, atterrire; anzi, diffamandolo come traditore, esporre alla cieca ira delle moltitudini furibonde. E qui cesso, che più lungo discorso discrezione non consente.
Il signor de Larochejaquelin, realista purissimo, rispondendo nel 30 agosto 1850 alla Circolare del signor Barthélemy, ammonisce: "Non essere, come altri crede, l'appello alla Nazione un atto rivoluzionario: all'opposto, deve reputarsi invito alla medesima, perchè nella sua sovranità finisca l'era delle rivoluzioni." Alla quale opinione si accosta anche il signor De Montalembert, che a quanto mostra non pare che si possa mettere fra i Repubblicani! - I Costituzionali, comecchè moderati, non discordano; e lo abbiamo veduto nel consiglio del Conciliatore.
Ma oltre che non se ne potesse fare a meno per le ragioni copiosamente discorse, varie considerazioni speciali vie più confortarònmi di ricorrere al voto universale.
I. La notizia di fatto della propensione del Paese al Governo Costituzionale. - Assunto al Ministero, persuadendomi che il primo dovere del Ministro consistesse nel bene applicarsi a conoscere gli umori dei Popoli, ordinai, come in altra parte ho accennato, a tutte le Autorità governative ed ai Gonfalonieri, mi rimettessero circostanziate informazioni su lo stato religioso, morale, politico ed economico dei Popoli da loro amministrati.
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