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      Onde era ordine al Generale D'Apice, che dove i nemici si fossero affacciati grossi così da non poterli per qualsivoglia estremo di virtù impedire, anzichè sprecare senza prò sangue umano, si ritirasse protestando: in ogni altro evento proteggesse la Garfagnana, e Massa e Carrara. La disperata difesa, che andavano immaginando i Repubblicani, non poteva farsi, e quel seppellirci sotto le rovine delle città è partito che il Paese civile repudia. Queste deliberazioni, è vero, salvano all'ultimo i paesi, ma sul momento li guastano, e noi non li possiamo patire sciupati. Quando le palle nemiche avessero a bucherare i nostri palazzi, ohimè! non vi parrebbero eglino malconci dal vaiolo? Ed a chi mai di noi basterebbe il cuore di vedere il suo palazzo col vaiolo? Siffatte enormezze si hanno da lasciare ai Barbari, che non vogliono sopportare dominio straniero in casa, come sarebbero il russo Rostopchin a Mosca, o il vescovo Germanos a Missolungi; una volta avemmo ancora noi un Biagio del Melano.... ma, come Barbaro, lo abbiamo dato all'oblio, così che io giocherei Roma contro uno scudo che neanche venti dei miei civilissimi lettori ne conoscono il nome(585). Chè se i Toscani un giorno, per volontà dei cieli, e per virtù propria mi chiariranno bugiardo, pensino che io faccio capo saldo a tutto 12 Aprile 1849; e se non vorranno pensare a questo, io domanderò perdono, se pure i miei occhi saranno aperti, e sarà incerto se con maggiore esultanza me lo concederanno essi, o lo domanderò io.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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