Sicchè su questo particolare penso, che sarà savio arrestarmi.
Però io voglio esporre quello che avessi considerato nello evento di fortuna prosperevole alle armi piemontesi. Vinta una battaglia, non sempre si vince la guerra. Poniamo vinta la guerra con una battaglia sola, come accadde a Marengo nel 1800, e ultimamente a Novara; allora si presentavano subito al pensiero molte e gravi contingenze, così nello interno, come di fuori. Incomincio dalle ultime. Il re Carlo Alberto sarebbe cresciuto di reputazione e di forza, per virtù sua e per decadenza della Fazione repubblicana. - Bisogna ritenere che la massima parte dei Lombardi procedeva sviscerata della Repubblica, non già per fine politico, quanto per riputarla mezzo sicuro a ricuperare la patria. Una fatale persuasione, che durò anche dopo lo infortunio novarese, e compose il martirio doloroso di Carlo Alberto (principe, il quale se trova molti superiori in grandezza, nessuno, a parer mio, lo uguaglia nella sventura), si radicò nella mente dei Lombardi e di parecchi fra gli altri Italiani, che il Re non camminasse sicuro in questa bisogna, ed in segreto se la intendesse co' nemici d'Italia. Assurdità, e peggio; ma la disgrazia è persuaditrice tristissima degli uomini, e chi da lontano conosce per relazione le cose udendo il veemente narrare, e i giuramenti smaniosi, e i pianti, e tutto quanto insomma ha maggiore virtù di commuovere l'animo umano, si trova conturbato nello intelletto e nella fede. In questo travedimento gli esuli tennero per fermo, che ormai non più il Principato, ma la Repubblica avrebbe loro riaperte le porte della patria: di qui il correre a sollevare Italia tutta a parte repubblicana; di qui l'opera ardente e indefessa, impresa a danno della Monarchia Piemontese, che fu parte non piccola fra le cause della disfatta di Novara.
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