Toscana mutata in provincia sopportava sagrificio troppo duro, come grande sarebbe riuscito il vantaggio, se qualche parte dello Stato Romano si fosse aggiunta a lei in condizione di provincia. Queste unificazioni o fusioni, come dicevano allora, si operano di consenso o di forza. A effettuarle con la forza vuolsi una potenza grande, che raccolga nella mano di ferro le varie generazioni abitatrici di una contrada della medesima lingua, e le costringa tutte a portare la impronta delle sue dita. Ma da Napoleone imperatore e re in fuori, nei tempi moderni, non discerno altri che potesse essere stato capace da tanto. A volerle condurre per via di consenso, si richiedono uguali, o molto simili, le condizioni disposte dalla natura, e secondate dalla operosa volontà degli uomini.
Ora tra per le sollecitazioni delle Potenze estere, e le volontà dei Re d'Italia, tra per il cessato bisogno nei più di ricorrere al partito estremo della Repubblica per tornare in patria, e la inclinazione della Toscana a starsi divisa, e le difficoltà in parte invincibili della Unificazione con Roma, lasciato che le passioni ardenti si sfocassero e le cause di quelle, preparata grave e profonda discussione, io ritenevo come sicuro che l'Assemblea Costituente Toscana, avrebbe deciso, in ogni evento, pel Principato Costituzionale e per la Confederazione, non Unificazione, con Roma come con gli altri Stati Italiani.
E così opinava certamente il Partito che ebbe ad organo prima il Conciliatore, poi lo Statuto; conciossiachè abbiamo veduto com'egli confortasse consultare la Toscana, convocando l'Assemblea Costituente col principio accettato del suffragio universale, e persuadendo i Deputati a sciogliersi spontanei se questo non ordinasse il Governo.
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