Se i tempi fossero corsi meno infortunosi, avrebbero saputo dare più forti consigli; però, comunque acerba ne flagellasse la sventura, doversi, mercè il concorso dei Municipii, mantenere libero lo Stato da invasione straniera, e incolumi le istituzioni costituzionali aborrite dalle fazioni reazionarie, la pubblica tranquillità, le proprietà, e le persone minacciate dai turbolenti di ogni Partito: breve, salvare quanto più dell'onore e della indipendenza nazionale si potesse(594). Grave soma davvero era questa per le mie spalle; sicchè parendo al Partito preteso ortodosso che io non potessi uscirne a bene, determinò fare da sè; ed avendo capacità, e coscienza di riuscire meglio, prudentemente decise, e di ciò non lo incolpo. Però a mio parer non gli fu onore mancarmi di fede, se dubitò che io non sarei arrivato a salvare le libere istituzioni; non gli fu onore precipitarmi dentro uno abisso di miseria, se tenne che non avrei prevenuto la discordia civile; non gli fu onore ribadire il chiodo con la calunnia, se pensò che per me non si sarebbe potuto preservare il Paese dalla invasione straniera. Nondimeno ritengasi, che nel 29 marzo gli ortodossi Costituzionali di Firenze me reputavano per volere e per sapere adattato all'ardua impresa.
Vediamo pertanto, da quel punto in poi, in che cosa peccassi, perchè di amici mi si avventassero ad un tratto tanto acerbamente nemici. Qui accorrano i Toscani tutti, si chiariscano a prova, e giudichino poi se io abbia commesso colpa per la quale cristiani e gentiluomini dovessero credersi assoluti dall'usare meco quella fede, la rottura della quale anche tra' popoli più barbari è reputata indegnissima cosa!
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