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      Intanto vadano, combattano, e mostrino la loro virtù. Civici livornesi concentrati a Pisa; i Bersaglieri e i Volontarii chiamati a Firenze; provvedersi armi(620). Al Gonfaloniere di Livorno scrivo il Dispaccio riportato a pag. 53 di questa Apologia, dove me dico infame, se per dispiacenze private ricusassi una pace, che può avvantaggiare la difesa della Patria; componga B. un Battaglione, cotesta anzi essere la via unica per ridonargli l'amicizia antica; spedirò appena raccolto il battaglione in Garfagnana; raddoppinsi tutti. Nel solo Generale D'Apice si riunisce tutto il comando(621). Ordino al D'Apice in ogni evento regga in Garfagnana, e cuopra Massa e Carrara; spingo al campo tutta la milizia di Linea; raccomando le provviste. A Livorno Giorgio Manganaro instituisce una Commissione che di nuovo si dia a ricercare le armi, e le prenda per la difesa della Patria(622). Il Ministro della Guerra provvede a formare prontamente un Corpo di Zappatori(623). Da Carrara muovonsi Volontarii per San Marcello, e per altri punti della frontiera(624). Rimproverato Livorno di tepidezza, lo accendo con lo esempio di Firenze, che manda già milletrecento uomini a Lucca(625). Livorno spedisce 700 Volontarii ed armi a Firenze(626), donde poi la calunnia dello averli io pretoriani miei chiamati quaggiù. Armi tolte ai Circoli(627), donde poi sicurezza intera alla libertà del prossimo voto dell'Assemblea. Schioppi requisiti sotto multa di lire cento a chi dentro tre giorni non li depositasse al Municipio: i Civici impotenti a marciare depositino i loro presso i Capitani, per armarne i Volontarii in procinto di partire(628), donde poi la calunnia, che io disarmassi la Guardia Civica per dominare tiranno la città. Partono da Firenze 800 Volontarii, altri 800 se ne aspettano da Livorno per organizzarsi(629). - Invece di mandare soccorsi a Genova, tento potere ottenere armi dall'arsenale di cotesta città(630). - Da capo mi chiamo parato a rimettere ogni ingiuria, purchè i miei offensori accorrano alla difesa della Patria: sempre dimenticai tutto (io dico), e saranno prima stanchi di offendermi, che io di perdonare.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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