Mariano D'Ayala attese a riordinare e ampliare le milizie nostre, con tale diligentissima cura, che n'ebbe (io ben rammento) dallo stesso Conciliatore meritata lode: onde non si comprende come, elogiato prima lo artefice, si facesse poi a biasimarne la opera. Ma questi sono accorgimenti di Partiti!... A Mariano D'Ayala parve potere restaurare la disciplina nelle soldatesche nostre, svegliando nei loro petti sensi di onore; quindi schivò fra le pene, quelle che la dignità umana offendessero: forse era savio consiglio; a me pareva opera perduta farne sperimento su genti guaste; mi talentava meglio licenziarle tutte per tornare a comporle da capo. A questo mi muoveva il pensiero che, operando sopra gli animi viziati, duriamo fatica doppia, chè prima bisogna tôrre via il fracido e poi edificare; e siccome il guasto difficilmente tutto si leva, così quasi sempre ci tocca a provare nel processo dei tempi i fondamenti deboli; il degno Collega, all'opposto, teneva potere riuscire in virtù del suo sistema, ed io naturalmente piegai riverentissimo la mia opinione dinanzi alla molta perizia ch'egli si trova a possedere delle militari faccende. Però vuolsi confessare, che o si fosse voluto accogliere il mio suggerimento, o piuttosto tenere il sistema di Mariano D'Ayala, nè l'uno nè l'altro potevano produrre i beni desiderati nel breve giro di quattro mesi; e nè in Piemonte, dove pure gli ordini militari di tanto superavano in bontà i toscani, le milizie poterono così tosto riaversi dei danni patiti nella disciplina, a cagione delle sorti infelici della guerra.
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