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      P. A. Adami conferì meco intorno alla proposta del conte de' Bardi, ed io l'accolsi con animo volonteroso, dicendo al medesimo che bisognava trovarci pertanto nel 15 aprile tutti al nostro posto, per la quale cosa io non avrei potuto concedergli per la prossima domenica il consueto permesso di recarsi a visitare la famiglia a Livorno; e questo fu il motivo che indusse Adami a partirsi a mezzo della settimana per casa sua, e gli giovò, salvandolo dal trovarsi nei giorni 11 e 12 aprile a Firenze.
      Ciò posto, senza ira come senza rancore, e favellando di me come di un morto, uomini del Municipio di Firenze e della Commissione Governativa, udite:
      Cosimo Ridolfi, dando facile orecchio a parole di astio, o di superbia, o di avventatezza sconsigliata, procedè meco nel giorno ottavo di gennaio 1848 in Livorno ingiusto e leggiero; io nel risentimento, eccessivo. S'egli avesse profferito una parola, una parola sola (che fra gli onesti è dovere, perocchè, dopo il primo onore di non far torto a nessuno, venga subito l'altro di confessarlo fatto), io che mi sento di assai placabile natura di leggieri avrei dato all'oblio il brutto caso, nel quale anche oggi va ficcando le mani l'Accusa, scompigliandone le ceneri per tentare se vi fosse rimasto nascosto qualche mal tizzo sotto: ma questa parola non disse il Marchese; e volle tramare di orgoglio la tela ordita dalla ingiustizia, ed io crebbi nella intemperante querimonia; però le mie parole non furono pese a lui, come le sue catene a me. Ad ogni modo avemmo torto da una parte e dall'altra.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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