XXIX.
Del giudizio pronunziato sul mio operato dal Decreto del 7 gennaio 1851.
Nel § 32 il Decreto della Camera di Accusa della Corte Regia per somma grazia crede dovere concedere, che se io in qualche circostanza distolsi o raffrenai le più accese voglie della Demagogia, pure il complesso degli atti (comodissima formula quando non si trovano ragioni) autorizza a credere che tutto io facessi per conservare nelle mie mani il potere. Ora è impossibile, che il complesso degli atti conduca inevitabilmente a supporre cosa assurda. E qui i miei lettori mi sieno benevoli a non appuntarmi, se alla medesima accusa, ripetuta con singolare insistenza, la medesima serie di raziocinii io contrapponga, conciossiachè io veda, che Cicerone adoperasse nella medesima guisa, nella orazione per Sesto Roscio Amerino, sia che anch'egli avesse a persuadere gente dura, o qualche altra necessità lo sforzasse; - e nella fiducia che le mie preghiere verranno accolte, continuo.
Il mio potere era provvisorio; il suo termine segnato; convocata l'Assemblea Costituente, ella doveva decidere per la Repubblica o per la Monarchia Costituzionale. Nel primo caso, ricusando, come avevo fatto, la carica di Triumviro a Roma, dimostravo animo alieno dal proseguire nel duro incarico; inoltre, è egli verosimile, che prevalendo i Repubblicani, volessero mostrarsi parziali a persona reputata avversa, e riporre in sue mani la somma delle cose? I Repubblicani mi avrebbero mandato in carcere, ne più nè meno, come gli altri hanno fatto, ed in breve vi chiarirò; e la ragione sta nella storia del Dottore spartitore di liti che ho raccontata di sopra.
| |
Decreto Decreto Camera Accusa Corte Regia Demagogia Cicerone Sesto Roscio Amerino Assemblea Costituente Repubblica Monarchia Costituzionale Triumviro Roma Repubblicani Repubblicani Dottore
|