Il Popolo ad alte grida acclamava il Re; canzoni realiste si cantavano pubblicamente per le vie; un tintore cancellava dal piedistallo, che già sorresse la statua di Carlo I, la iscrizione: exiit tyrannus regum ultimus etc.; e Monk, contento di secondare segretamente il moto, stava in apparenza così avviluppato nelle sue ambagi che una segreta spia del Re ebbe a scrivere il 10 marzo al suo signore: "Monk, in quanto riguarda Re e Lordi, si è scoperto parziale al Parlamento.... l'altro giorno ha detto che verserebbe l'ultima goccia di sangue prima di consentire il ritorno degli Stuardi in Inghilterra.... stasera però sembrava alquanto meglio disposto." I Repubblicani, sempre più agitati, s'ingegnano penetrare gli arcani consigli di Monk; e côlto alla sprovvista Cristofano suo figliuolo di sette anni, con domande suggestive e con doni gli fanno confessare avere udito certa notte suo padre e sua madre, mentre giacevansi in letto, che favellavano del ritorno del Re. Allora Enrico Martyn, legato di antica amicizia col Monk, gli va incontro risoluto, e così gli favella: "Orsù via, diteci una volta, che cosa intendete di fare?" - "Una Repubblica" risponde Monk "io la volli sempre e la voglio." - "Sarà" soggiunse Martyn, "ma voi mi avete l'aria di quel tal sarto campagnuolo che fu incontrato certo giorno con la vanga e la zappa in ispalla. - Dove ve ne andate? gli domandarono. - Vado a prendere la misura di un vestito. - Come! con la zappa e con la vanga? - Al giorno d'oggi così si fa.
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