Accorda meglio alla ragione, e alla schiettezza, ritenere, che Monk appena mosse di Scozia nutrisse il disegno di ristabilire il Re. Nè qualunque obiezione si volesse dedurre dallo aver egli tutto taciuto, perfino allo stesso Carlo, può essere tenuta in qualche conto, allorquando si rifletta, che Monk era di natura riservato; che le sue circostanze richiedevano dissimulazione; ch'egli sapeva il Re circondato da traditori e da spie; che insomma sarebbe durezza interpretare in discredito della probità del Monk una condotta, che dovrebbe anzi sublimare in noi la idea che ci formiamo della sua prudenza.
Così a pag. 431 del Cap. 62 della Storia d'Inghilterra, e poco oltre a pag. 442: "Malgrado questi passi, che muovevansi verso la restaurazione della Monarchia, il Monk proseguiva a mostrarsi caldo partigiano della Repubblica, nè aveva peranco consentito ad aprire pratiche col Re. Convocare un Parlamento libero, e restituire sul trono la famiglia regia, erano in quello stato di cose due provvedimenti per necessità connessi fra loro. - Nè era tenuto in conto di poca sincerità il silenzio da lui osservato nel principio della impresa, dacchè ei si mantenne riservato del pari nel tempo in cui, secondo i dettami del senso comune, chiaro appariva che non poteva nutrire altro disegno."
Nel Capitolo 65 poi il dabbene Hume, riportando in nota la notizia della morte di Giorgio Monk, non si può trattenere di spendere altre parole per giustificare la dissimulazione di lui. "È per verità una singolare prova della strana possanza dello spirito di Parte, quella che la malevolenza debba perseguitare la memoria di un signore il cui tenore di vita non andò mai soggetto a censura, e che, col ristaurare l'antico, legittimo e libero governo ne' tre Regni, che si trovavano immersi nella più rovinosa anarchia, fu certamente fra gli abitanti di queste isole quegli che, dal principio di quei tempi in poi, più d'ogni altro rendesse servigii durevoli ed essenziali alla patria.
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