Questa è la scena che il Visconte D'Arlincourt, togliendola di peso dal Duca di Ossuna del nostro Federigi, ha inserito nella sua Italia Rossa, nella quale il Conte Digny, nobile e fedele realista, spalanca la porta ed intima la sedicente Assemblea a ritirarsi. Però hassi a notare, per rendere unicuique suum, che l'attributo di sedicente non appartiene proprio al Visconte D'Arlincourt, ma al Brocchi, il quale se ne compiace così, che per bene due volte nel corso del suo esame lo viene ripetendo. Ed è poi strana a considerarsi quest'altra cosa, che il Conte Digny ha protestato contro la qualificazione di nobile e fedele realista, che a parere mio non fa torto, allorchè nasca da convincimento coscienzioso, o da personale affetto, mentre contro il pubblico grido, che lui accusa di fede tradita, è stato cheto come olio. E di vero, l'apparizione del Conte era tutto altro che nobile, conciossiachè versasse in questo: il Municipio volere rompere i patti, anzi averli rotti; l'accordo invocato prima con l'Assemblea adesso respingere; aborrirla compagna, dichiararla nemica; si disperdesse, lasciasse operare da sè solo il Municipio. A tanta slealtà, non è da dire se si levassero, e a ragione, amari richiami. E prima di ogni altro il Presidente Taddei, a cui pareva, com'era vero, che di lui e della sua onoratezza si fosse fatto bindolissimo giuoco. - Accesi, e meritamente, sopra gli altri si mostravano i Deputati signori Ciampi e Cipriani, i quali (sempre si abbia presente questa avvertenza) non offesi già dalla proposta di Restaurazione da operarsi d'accordo col Municipio, che annunziata testè dal Professore Taddei era stata da loro accettata, bensì dalla brutta mancanza di fede, esclamarono, che bisognava arrestare il Municipio fedifrago.
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