Abbandonai precipitoso il Palazzo, mandai subito a chiamare persona congiunta per sangue col più minacciato di coloro, e lo avvertii del pericolo. Feci il mio dovere, e non meritava veruna riconoscenza; e se non l'ho avuta, non me ne dolgo. Il giorno 7 per tempo mi condussi al Palazzo del Governatore; eranvi gli Assessori Marzucchi e Venturi e il Conte De Larderel: favellai, io credo, nè insensate nè triste parole; esposi i mali della città, proposi i mezzi di rimediarvi; di più domandai loro quello che per me dovesse farsi. Mi pregarono tutti a rimanere nella Deputazione, e adoperare ogni mio sforzo pel bene del paese. Promisi farlo, purchè essi pure cooperassero, e come provvedimento per tôrre via ogni pretesto di lite li persuasi a interporsi presso Gianpaolo Bartolommei, col quale da qualche tempo io viveva con freddezza, ond'egli consentisse formare parte della Deputazione. Recatomi col Conte De Larderel alla Comune, conferivamo su quanto era da farsi, quando sopraggiunsero gli Assessori Marzucchi e Venturi, e referirono le loro premure presso il signore Bartolommei riuscite indarno. Presenti gli Assessori distendemmo la prima Notificazione; dettò il Venturi il paragrafo relativo all'approvazione, su tutto quello avevamo fatto e facevamo, e fu egli che persuase inserire la frase che avremmo ragguagliato il Popolo del nostro operato volta per volta, sostituita alla espressione di ora in ora, avvertendo come la prima denotasse maggiore spessezza della seconda. In questa sopraggiunse un giovane colla notizia che il signore Bartolommei erasi determinato a formare parte della Deputazione, ma che prima voleva vedermi.
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