- Adesso alcuni ufficiali della Civica prorompono nella stanza, e passionatamente domandano, che cosa intendessimo fare, se scioglierci o rimanere. Manifestammo loro le istanze del Governo locale. Invitati ad andare in Caserma a ripetere coteste spiegazioni, andammo e le ripetemmo. L. Giera, sopraggiunto, disse che nel suo particolare aveva ricevuto uguale preghiera dal Governo. Invitati a pubblicare cotesto fatto li compiacemmo con la seconda Notificazione. Di poi ognuno si ritirò, aspettando le ulteriori disposizioni del Governo. Il giorno 9 il Governo non cerca più di me, ma invita gli ufficiali della Civica, e partecipa loro altra Notificazione del Marchese Ridolfi. I fratelli Bartolommei vennero a comunicarmela, domandandomi che intendessi fare. Risposi sorridendo: "starmene in casa a badare ai miei negozii." Più tardi si fecero a trovarmi molti individui, avvertendomi essere necessario che io manifestassi il mio concetto (che la soppressione della Deputazione non era cosa che meritasse sdegno), e inculcassi la necessità della concordia. - Ben volentieri mi recai alla Caserma a prestare quest'ufficio. Nella stanza degli ordini avvennero diverse arringhe più o meno concludenti, ma cospiranti tutte alla pace, alla tranquillità e alla concordia. - Nello uscire dalla stanza una voce sinistra mi percosse: - "Bisognerebbe ammazzarli tutti!" - Mi sentii ribollire il sangue, ed esclamai: - la quiete è stabilita, nessuno ardirà turbarla; ma se mai per somma e non preveduta sventura qualche tumulto avvenisse, guardi la Civica a non far uso delle armi: pensi che potrebbe rimanere ucciso un padre o un fratello.
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