Guerrazzi, stretto così da vicino, inaugurava la Toscana Costituente col Discorso a cui accennammo(788); poi tergiversando in mille maniere decidevasi ad aspettare l'esito delle cose piemontesi prima di fare null'altro. La Toscana permaneva quindi col Governo Provvisorio, permaneva staccata da Roma; il Partito liberale, sdegnato di quell'inerzia, accennava d'irrompere da un momento all'altro(789).
La notizia della disfatta di Novara poco dopo giungeva, e paralizzava vieppiù le risoluzioni del Guerrazzi. Quella notizia produsse oltre Appennino l'impressione che aveva prodotto a Roma, e là pure si sentì che una crise si avvicinava. Ma mentre Roma traeva forza dalla sventura e si apparecchiava a morire, almeno degnamente, la Toscana, mercè la condotta subdola del suo Triumviro, s'accasciava miseramente; in una stolta ed egoistica lusinga miseramente si addormentava(790).
Guerrazzi, riescito a disfarsi(791) dei suoi Colleghi, che opposti si sarebbero a quelle risoluzioni a cui già piegava, spaventando(792) l'Assemblea con un Rapporto dei Ministro dell'Interno, che dipingeva coi più neri colori lo stato del Paese, indotto avea l'Assemblea ad aggiornarsi, conferendogli una specie di Dittatura, a cui l'ultimo ostacolo veniva tolto coll'allontanamento di Montanelli, mandato a Parigi(793). Fatto solo rettore delle sorti toscane, fu allora che fra i due partiti che gli restavano, d'unirsi a Roma, o di accudire ad una Restaurazione, si attenne a quest'ultimo, avendo egli, repubblicano, voluto prima forse l'unione col Piemonte monarchico, se il Piemonte vinceva; poi il ritorno del Duca come il solo mezzo, così credeva, di evitare l'intervento tedesco.
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