Stessi pronto a partire. Verso le ore 3 del mattino ricevo il biglietto che unisco, pel quale Zannetti mi annunzia alcuni non volere lasciar libero il passo, opinare la Commissione trasferirmi pel Corridore dei Pitti in Belvedere, donde remossi i Carabinieri, avrebbe messo la Nazionale. Questa lettera, che accenna mutamento di esecuzione a concerto che resta fermo, in sostanza mi turbò alcun poco, non tanto però che mi facesse dubitare di uomini probi ed amici. Zannetti venne tardi la mattina, e dichiarò la prudenza consigliare che per 2 o 3 giorni rimanessi in Fortezza, tanto che la plebe si sdracasse. Allora le donne, e il Commesso della Segreteria dello Interno Roberto Ulacco, vollero tenermi compagnia. A confermarmi nella mia fede valse il fatto seguente: che manifestando io esser privo di danaro per pagare il viaggio, e certi miei debiti, il Priore Martelli mi portò L. 1000, e me le consegnò giusto in quel punto che da Palazzo Vecchio muovevamo a Palazzo Pitti. Durante il cammino, Zannetti mi avvisò la Commissione non pareva inclinata mandarmi a Livorno, e mi interrogava se fossi stato contento a starmi qualche tempo lontano dal paese. Risposi: avere l'animo travagliato così dalle sciagure della Patria, che lo avrei reputato beneficio; egli però conoscere le mie fortune; provvedesse come gli pareva meglio. Ed egli a me: lasciassi fare, avrebbe accomodate le cose in serata, e il giorno appresso sarebbe venuto a darmene ragguaglio. Non l'ho veduto più. - Mi coglie il ribrezzo pensando da cui mosse la insidia; ma insidia vi fu, e bruttissima, a modo delle Valentinesche.
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