Intanto fra i suoi errori, cui a me piace credere involontarii, non ha potuto negare queste veritā:
... Il Mazzini era giunto il dė stesso che il granduca partiva da Siena, e vi era stato accolto con grande festa. Egli si era dato a predicare l'unificazione con Roma, che non voleva chiamar fusione; parola a lui ed a' suoi esosa, la quale voleva dire lo stesso, ossia non aveva significato pratico, perchč gli uomini ed i popoli non si fondono come i metalli per calor di libertā e artificio di eloquenza, nč gli Stati si unificano per decreto di assemblee. Ma il Guerrazzi non voleva l'unificazione, e pochissimi erano in Toscana che la volessero; del che gli stessi ufficiali del governo facevano testimonianza: sicchč anche in Toscana il Maestri milanese, legato della Repubblica Romana, faceva poco frutto... Il Mazzini non riesciva a governare nč coll'autoritā sua, nč colle pratiche e le grida de' suoi, i negozii politici della Toscana. Modesto egli al sembiante, come ostinato di volontā, desiderava sovra ogni altra cosa fare della Toscana una provincia della Repubblica Romana: ma questo concetto coperto sotto la pomposa parola d'unificazione non andava a versi nč del Guerrazzi, nč del Consiglio di Stato, nč pur dei cittadini pių segnalati per liberali caldezze." Quello che seguita intorno a Montanelli e a Mordini non č vero; e finalmente! "... A Roma egli (il Mazzini) dā sollecita opera a costringer di lā Toscana a quella unificazione, a cui la non si voleva piegare, e vi narra che tutti i Toscani ne hanno desiderio, sebbene sappia il contrario; e perora e studia perchč si compia.
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