- (Byron, Ode a Napoleone.)
Il Generale, rivolto ai suoi colleghi, favellò in questa sentenza:
Gli atti pubblici provano fino a qual punto i principii che ho rammentato mi abbiano condotto nello adempimento dei doveri del mio ufficio. La mia coscienza almeno mi dice, che non me ne sono allontanato. Comecchè ripassando gli atti della mia amministrazione non conosca colpa veruna d'intenzione, io ho un sentimento troppo profondo dei miei difetti per essere sicuro di non avere commesso errori. Quali essi sieno, io prego l'Onnipotente Dio a dissipare i mali che potrebbero partorire. Io così porterò meco la speranza, che la mia Patria non cesserà di considerarli con indulgenza, e che dopo quarantacinque anni di vita consacrati a pro suo con rettitudine e zelo cadranno in obblio i torti di un merito insufficiente, come io cadrò ben tosto nella dimora dello eterno riposo!...
Quando abbiamo letto siffatte parole, o Dio! come si fa egli a riportare lo sguardo su le pagine dell'Accusa, e di altri che insensatamente quanto ferocemente mi lacerano per gli errori, che in mezzo a tanto trambusto di vicende e agitazioni di uomini posso avere commesso io, mentre i Governi stessi, in condizioni ordinarie, e i sommi personaggi non ne andarono immuni? - Quando Gesù Cristo, soccorrendo alla peccatrice, disse agli accusatori: Chi di voi senza peccato, getti la prima pietra, - fra tanta turba di gente (e badate ch'erano tutti Farisei) non uscì un solo di cui la fronte fosse così sconosciuta alla vergogna, che ardisse stendere la mano al sasso: ai giorni nostri, qui, in patria, - voi lo vedete, - al grido: Chi di voi senza peccato, gitti la pietra, - mille braccia si tirano su la camicia fino al gomito, e ghermiscono le più elette ghiaie del Mugnone, pronti a scagliare.
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