10.
(605) Firenze 3 aprile.
Livornesi!
Adesso vi parla una voce assai più potente che quella del vostro concittadino, - la voce della Patria in pericolo, e vi domanda:
Che quanta Gioventù contiene cotesta mia terra diletta, e il suo contado, accorra alla frontiera e la difenda.
Wimpfen si è vantato con 10,000 Austriaci calpestarvi come biacchi striscianti nel fango!... Io non dico di più.... Gli occhi mi si empiono di lacrime e di sangue per la vergogna.
E vi scongiura ancora che le rendiate le armi altra volta prese da voi per difendere il Paese. Bene le prendeste, e bene le adoperaste; ma chi di voi non può andare alla frontiera, per quanto amore porta a Dio, e ai suoi morti, impresti queste armi alla Gioventù che risponde alla chiamata.
O Livornesi miei, vorrete mandare i vostri figli disarmati contro gli Austriaci, come i tiranni di Roma gittavano gli schiavi nel circo alle fiere?
Coraggio, costanza e modestia, e nulla io reputo e non è perduto. Ma ai confini vi spinga amore di Patria santissimo, e non voglia di gradi, o cupidità di averi. Colui che si muove per ambizione o per interesse, si parte col conto fatto nella sua anima di piegare laddove trova maggiore premio di vanità, o di danaro. Chi si parte da casa con l'ambizione o lo interesse, di rado avviene, - Livornesi, badate alle mie parole, - di rado avviene, che per la via non si accompagni col tradimento.
Voi sapete che io ho un nepote solo del mio nome, consolazione unica a questa travagliata mia vita: andate al campo, e lo troverete semplice soldato di artiglieria.
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