Vestiva abito straniero: la cappa soppannata di pelli, il giustacuore di velluto bruno, calze di panno strettissime di colore scuro; le scarpe, il collarino e ogni altra parte in somma del suo abbigliamento rammentava la foggia di Francia. Portava avvolta intorno al berretto certa catena d'oro dalla quale pendeva una medaglia parimente d'oro ove stava effigiata una salamandra nelle fiamme, col motto: ardo, non brucio; impresa e motto inventati per Francesco I da madama d'Alençon sua sorella, valentissima in coteste arti cortegiane.
In cotesti tempi dame e cavalieri si affaticarono a indovinarne il significato; ma, per quello che la tradizione lontana ci tramandò, pare che madama d'Alençon intendesse, mediante sì fatta impresa, ammonire Francesco allora duca d'Angonlème, quando prese ad amare la giovane sposa di Luigi XII, Maria d'Inghilterra, dalla fecondità della quale correva pericolo di rimanere escluso dal reame di Francia.
Lunghi i capelli cadevano oltre le orecchie allo straniero e quivi tagliati in giro; costume anch'esso nato in Francia da brutta necessità. Imperciocchè i monarchi, disegnando abbattere la potenza dei baroni, per superarli di forze non abborissero chiamare in aiuto loro gente condannate ad avere mozze le orecchie (specie di pena oltre modo infamante usata in quei tempi): e pervenuti poi a miglior grado di fortuna, cotesti usciti dalle galere con quella usanza tentarono ricoprire la propria vergogna(6). Ciò che in principio fu turpe bisogno diventò subito presso quegli strani ingegni dei Francesi vaghezza di costume; appunto come, sul declinare del secolo passato, dalle stragi della rivoluzione ricavarono nuove foggie di abbigliamento del sesso gentile(7).
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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