Bentosto se ne raccolsero gli amari frutti; Filippo Strozzi, per tale una causa che la fama bisbigliò sommessa, e la storia tacerà vergognando, perocchè ella sia vergine e musa, lasciò fuggire Ippolito a Lucca; e per ricuperare le fortezze, oltre
alla perdita del tempo, tra Piccione contestabile della fortezza di Pisa e Galeotto da Barga di quella di Livorno vi si spesero meglio di quindicimila scudi. Francesco Nori e la Signoria depongono l'ufficio; non aspettano il giugno per convocare il consiglio; determinato il modo di eleggere il gonfaloniere, l'adunano sul finire di maggio e creano Nicolò Capponi. Il consiglio eleggeva, il Capponi accettava; fallo grave nel popolo, nel Capponi gravissimo: errò il popolo, il quale andava immaginando che, come egli aveva ereditato dal padre Pietro le sostanze, così pure avesse dovuto redarne quell'impeto che valse a salvare la città dalle cupidigie francesi e rendere il suo nome immortale; errò ancora, perchè non conobbe la temperanza e la moderazione di Nicolò, in tempi quieti lodevoli, avrebbero a mal partito ridotto la città nei casi presenti, dove si chiedeva consiglio audace ed opera piuttosto avventata che gagliarda: ma sopratutto il Capponi e sè stesso mancava ed alla patria: forse Dio, che può leggere nei cuori, e le colpe misura dalla intenzione, lo perdonerà, non derivando i suoi falli da mal volere; ma non può perdonarlo la storia: ardua cosa e per avventura impossibile alla mente umana investigare le cause segrete dell'animo; e poco rileva conoscere se l'effetto sinistro si parta o da talento pessimo o da mancanza di cuore; ella giudica dall'utile o dal danno: per la qual cosa tu puoi sentenziare in coscienza che Nicolò Capponi fu traditore alla patria.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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