Noi siamo soli. E che perciò? Dobbiamo noi forse piangere come perduta la nostra città? Non è mai lecito disperare della salute della patria, insegnava Focione, nè l'hanno per anche ridotta a tale da rendere ogni provvedimento tardo. Il Capponi mal si regge nel posto che non avrebbe mai dovuto tenere; forse ne scenderà per salire al patibolo; e gli starebbe bene, come colui che all'ambizione smodata accoppia ingegno per esitanza imbecille e codardia manifesta, la quale lo induce ad adombrare la natía virtù con partiti paurosi, che egli e i suoi chiamano temperati e prudenti, riprendendo quasi esorbitanze i consigli capaci di mettere con molta gloria a pericolo la vita e la sostanza dei cittadini, e perciò anche le sue; astiosamente avverso a chiunque si conosce superiore per intelletto e per animo; insomma della libertà di un popolo che voglia risorgere davvero, vergogna ad un punto flagello. Voi, giovani, nei quali tutta speranza di salute riposa, restringetevi insieme; voi, Zanobi e Luigi, consigliate i nobili; voi, Dante da Castiglione (e il membruto della lunga barba rossa, sentendosi rammentare, si scosse come destriero al suono della battaglia), adoperatevi fra i popolani; badate a non lasciarvi sedurre dalle antiche rinomanze; a' casi nuovi convengono uomini nuovi: se anima vive che valga a salvare Fiorenza, ella è certamente quella di Francesco Carducci; a me giova indicarvelo come il nostro palladio: molto mi conforta il pensiero che al nostro scampo basta non perdere, mentre ai nemici bisogna vincere; e poi noi combattiamo in casa e per noi, il nemico sopra terra dove ogni cosa gli si volgerà infesta, e con armi infedeli, mercenarie tutte e con intendimenti diversi, dacchè i capitani del papa non possono accogliere il concetto istesso dei capitani di Carlo: confido non poco nella fortuna, nella provvidenza di Dio moltissimo, il quale non soffrirà la rovina della innocente mia patria.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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