E in somma considerassero coloro ai quali compartivano i cieli una tanta occasione come fossero loro proposte due vie: l'una che gli fa vivere sicuri e dopo morte gli rende gloriosi; l'altra che gli fa vivere in continue angustie e dopo morte lasciare di sè una sempiterna infamia(26)." Per le quali cose tutte mi volsi a favorire Cesare Borgia, come quello che, per essere figliuolo di papa Alessandro e sovvenuto da Luigi XII, di voglie e di animo pronto, sembrava sortito a ricomporre le membra sparse d'Italia: nè già il Valentino, crudelissimo ai baroni della Chiesa, era tiranno del pari spietato ai popoli venuti in sua potestà; perchè racconciò la Romagna e la ridusse in pace ed in fede; la qual cosa se bene si considera, vedremo lui essere stato più pietoso dai Fiorentini, che per fuggire il nome di crudeli lasciarono distruggere Pistoia(27): onde i popoli gli posero amore(28), avendo incominciato a gustare una vita sicura, laddove prima, per essere retti da signori impotenti, vôlti piuttosto a spogliare che a correggere i sudditi, intesi a disunire anzichè a congiungere, gemevano per quotidiane violenze e latrocinii(29). E che le mie parole non si possano mettere in dubbio si fece manifesto quando la fortuna, di prospera che gli era, gli si volse all'improvviso contraria; imperciocchè la Romagna lo aspettò più d'un mese, nè Baglioni, Vitelli e Orsini ebbero seguito contro di lui: e se alla morte del padre non lo avesse condotto il veleno a termine estremo, non rovinava; "ed egli stesso il dì che fu creato Giulio II mi disse bene avere pensato a quanto potesse succedere morendo il padre, e a tutto avere trovato rimedio, eccettochè non pensò mai in su la sua morte di stare anche lui per morire(30)." Inoltre, che il Valentino, un tempo felicissimo tra i capitani, non fosse il più malvagio dei principi, o che alla voglia di superarlo gli emuli suoi non accoppiassero pari lo ingegno, consideratelo in Oliverotto da Fermo, spento per suo comando a Sinigaglia(31); perditissimo uomo era costui, ladrone più che soldato, carnefice più che principe, e parricida del Fogliani, il quale con amore veramente paterno lo aveva allevato(32). Dei Baglioni sapete i costumi: Orazio ordinò si uccidesse lo zio Gentile; e quasi dubitasse quel delitto poco a guadagnargli l'inferno, di sua propria mano trucidava più tardi messer Galeotto Baglioni, mentre si disponeva a rendersi prigione sotto la fede del duca d'Urbino(33). Il Valentino agli occhi miei rappresentava astrattamente un uomo spaventevole; praticamente, la potenza capace di rilevare l'Italia sopra l'antica sua base; divenuto privato, forse le qualità raccolte in lui erano tali da condannarlo alla pena dei masnadieri: finchè resse da principe, poteva di fronte agli altri ammirarsi ed anche lodarsi rispetto allo scopo, quantunque la bella morte da lui incontrata in Navarra combattendo alla espugnazione del castello di Viana lo mostrasse degno di non essere affatto sbattuto dalla fortuna(34). E sempre fisso nel medesimo pensiero, caduto il Borgia, mi volsi a Lorenzo dei Medici duca d'Urbino e lo ammaestrai delle condizioni dei tempi e partitamente gli scopersi le vie per mantenersi e crescere.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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