S'io lo guidassi traverso le male bolge dell'inferno per quinci trarlo a rivedere le stelle, consideratelo nella esortazione a liberare l'Italia dai barbari che chiude il libro del Principe. Esaminate con mente pacata i miei scritti, e nonchè vi apparisca discrepanza veruna tra loro, comprenderete di leggieri come tutti insieme cospirino allo scopo proposto. Il Principe, a guisa di punto di partenza; i Ritratti dei popoli stranieri, le Storie e le Osservazioni intorno gl'Italiani contenute nelle mie Commissioni, siccome mezzi di appianare la via; i libri sopra la Guerra, come precetti a ristorare le milizie proprie, le mercenarie sopprimere, perpetua cagione di servitù; finalmente i Discorsi sopra le Deche di Tito Livio, come termine estremo. Dalle Lettere per me dettate a mitigare o fuggire la malignità dei tempi non deve ricavarsi argomento per giudicarmi meglio che dalle risposte fatte al cancelliere quando fui posto a esame nella congiura del Boscoli. Nè certo, dopo la casa Borgia, veruna altra in Italia pareva più acconcia di quella dei Medici a conseguire l'intento. Leone X, pontefice di singolare giovanezza, uno stato floridissimo, cresciuto per opera di Alessandro VI e di Giulio II, reggeva(35); la repubblica nostra come signore dominava; il conquisto di Milano e di Napoli disegnava; in lui erano facoltà e mente capaci; lo circuiva numerosa famiglia. Giulio, adesso papa di meschini concetti, mostrava da cardinale attitudine maravigliosa in eseguire gli altrui divisamenti(36). Viveva Giuliano duca di Nemours, Lorenzo duca d'Urbino viveva.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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