Signore! O che anche voi mi uscite fuora nemico? Voi eravate nella cittadella e non potete aver veduto il tumulto della città... Io stavo sopra un vulcano... la terra mi si franava sotto... tutti insorti... tutti armati e minaccianti la morte...; o che doveva far io?
Morire.
Questa risposta percosse il Ferruccio, il quale, essendosi alquanto rimesso da quel primo furore, declinò lo sguardo e si accorse della presenza di Vico; onde, geloso com'era della militare disciplina, increscendogli che altri avesse ascoltato le acerbe rampogne profferite contro il Commissario, con mal piglio rivolto al giovane, gli disse:
Anche voi qui? Partite.
Ma io...
Partite, vi comando! Davvero, voi andrete molto oltre nel mestiere delle armi, se al primo incontro abbandonate così la vostra bandiera...
Mente per la gola chi lo sostiene
, rispose Vico vermiglio fino al bianco degli occhi, traendo mezzo fuori la spada...
Sentì il Ferruccio a quell'atto superbo commuoversi l'anima, e per poco stette che non lo abbracciasse e baciasse; pur, sempre mantenendo il sembiante severo, riprese:
Tornate, Vico, alla vostra ordinanza e quivi con l'esempio mostrate quello che tanto bene sapete raccomandare con parole.
Vico, a capo dimesso, traendosi dietro per le briglie il cavallo, mestamente si allontana e pensando come il capitano, di cortese e benigno che gli si era fino a quel giorno mostrato, a un tratto avverso gli si facesse e oltraggioso, sospira nel profondo del cuore, e gli prorompe il pianto dagli occhi.
Il Ferruccio, accompagnandolo col guardo, non potè impedire che a sua posta gli si velasse di lacrime, perocchè dentro gli si sporgesse un pensiero il quale diceva: Crescono i figli nostri migliori di noi, e forse, ahi! indarno.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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