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      Sul quale proposito l'Annotatore dottissimo osserva che per queste parole andrà meno odiosa ai posteri la fama dell'Albizzi; imperciocchè il modo di questo annunzio e il silenzio dello spavento che alla notizia si dice scombuiasse Firenze porgono testimonianza cotesto abbandono essere stato prescritto, non già volontario; la quale opinione gli viene confermata da non vedere ricordato Arezzo tra i luoghi che voleva leggere la Signoria nella lettera 58 del medesimo oratore. La memoria dei defunti è cosa sacra nè va tocca con leggerezza da cui sente la religione della storia; ma nè per le allegazioni delle lettere del Cappello nè per l'avvertimento del signore Albèri parmi deva punto alterarsi il giudizio da solenni storici contemporanei portato sopra il turpe fatto di Antonfrancesco. Esaminando diligentemente la corrispondenza intera, trovo che, essendo riuscito ai Fiorentini di tenere ferma la rôcca di Arezzo, quivi quanto più poterono si ressero (lett. 52); per la qual cosa viene fatto di domandare: se cessero la città, perchè serbarono la rôcca, che pure distraeva dall'esercito 300 fanti dei buoni? Ancora dalla lettera 53 e seguenti si cava che i Fiorentini urgevano i Veneziani affinchè movessero le loro genti da Urbino, le quali, unite a 4000 fanti mandati da Firenze, facessero prova di ricuperarlo; e se i Veneziani non si volevano muovere, la Signoria, come disposta a riavere Arezzo, spediva Andreolo Zati commissario in Casentino a levare gente e tentare la impresa. Ora, perchè tanto affanno a ricuperare quasi subito quello che si era abbandonato poco anzi spontanei?


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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