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      Il cavallaro, giovane e di membra validissime, stette alquanto in forse di rispondergli, o balestrarlo venti passi lontano; pur finalmente tra sdegnoso e beffardo, disse:
      Messere, siete voi del Cottaio o del paese del prete Gianni, che non conoscete l'assisa del comune di Fiorenza? - O non vedete il giglio roseo, insegna della nostra repubblica?
      Che gigli e che non gigli? Io non so di gigli. - Dello stato di Fiorenza non conosco nè approvo altra insegna che le palle dei Medici.
      Sapete voi, messere, come corre il proverbio al mio paese? Se non ti piace, mi rincara il fitto.
      Eh! se permettessero di fare a me, non vi lascerei nè anche gli occhi per piangere, non che la bocca per proverbiare...
      Fate una cosa, messere: unite le vostre armi con quelle dell'imperatore e moveteci la guerra...
      Io vi farei paura...
      E ve lo credo senza giuramento; paura da sconciare le donne gravide...
      Ch'è questo?
      interruppe sopraggiungendo un secondo cavallaro assai attempato e di sembianze più mansuete del primo; "ch'è questo, messere?"
      Non si passa
      , risponde il cancelliere.
      Manco fatica, più sanità; e ce ne torneremo addietro...
      Non si torna addietro.
      Saremmo per avventura ritenuti prigionieri?
      Così fosse!
      Dunque?
      Scendete, aprite, le valigie, perchè i gabellieri le visitino.
      Deh! che mal'ora scegliete a burlare, messere! lasciatene andare per la nostra via, chè siamo della famiglia dei magnifici ambasciatori spediti dalla Signoria di Fiorenza al sommo pontefice.
      Egli è bene per questo ch'io vi debbo frugare.
      Ma a voi, che mi parete uomo di lettere, non dovrebbe essere mestieri insegnare come presso tutti i potentati della terra, il Turco inclusive, gli ambasciatori e le famiglie loro godono franchigia di dazii e gabelle.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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