La zimarra nera ripiegandosi gli si avviluppa sul capo; ond'egli quanto più si sforza tôrsi d'impaccio, tanto più vi s'intrica e le vesti curiali di mota e d'immondezza contamina. Amici e nemici prorompono in altissime risa.
Pur finalmente si sbrogliò costui; scomposti i capelli, livido, tremante di rabbia, lanciò attorno uno sguardo, donde parve scaturire un getto di veleno.
Ridete eh?
prese a balbettare fissando i gabellieri. "Si tolga il demonio l'anima mia, se io non vi faccio gli uomini più dolenti del mondo. Vedremo un po' se riderete quando mastro Spedito vi acconcerà la corda attorno al collo."
Quindi la persona volge per parte, mentre tuttavia mantiene il volto di faccia; guarda in un lato, mentre co' piè s'indirizza in un altro, siccome fanno le nottole allorchè volano per le tenebre dei cieli, e con voce baldanzosa continua a gridare:
Fuori, sergente Montauto, arrestateli, - legateli, - menateli in prigione...
E in meno che non si dice un amen una torma di uomini armati comparve, come se fosse piovuta dai nuvoli o scaturita dalla terra.
Bindo di Marco, staccatasi prestamente la daga dal fianco, la trasse fuori e, il fodero gettato per terra, esclama:
Fo voto a Dio che chiunque di tanto è ardito da muovere un passo oltre quel fodero, lo stendo morto ai miei piedi.
E fieramente turbato si pone in atto da eseguire la minaccia.
Ah! per questa volta monna Lessandra non rivedrà più la faccia del suo marito, nè la Dianora bella la faccia di suo padre
, susurrò sommesso il vecchio cavallaro passandosi una mano sopra la fronte.
| |
L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
|
|
Spedito Montauto Marco Dio Lessandra Dianora
|