Spesso mi avvenne considerare come in siffatte solennità che i principi danno ai popoli vi si mescoli dentro un mal genio e la faccia pagare a questi ultimi a prezzo di sangue, sia per ammonirli che non dovevano ridere, sia piuttosto, come credo, che la gioia la quale muove dai re non possa comparire vermiglia, se non si tinga col rosso del sangue.
I cardinali tenendo in mezzo Carlo, come fiera in guinzaglio, lo menarono a piè dei gradini della cattedra del pontefice e quivi stettero. Clemente gli abbassò uno sguardo dall'alto, e non potè reprimere un moto dei labbri in contemplando l'augusto Cesare in veste da canonico; il quale sguardo e il quale moto di labbri avendo troppo bene compreso Carlo V, sentì ribollirsi dentro l'orgoglio del sangue spagnuolo, gli occhi mandarono faville, e una idea gli traversò trucissima l'intelletto, di afferrare cioè per le gambe il pontefice, rovesciarlo dal trono, dalle chiome strappargli il triregno, ed imponendolo sopra il suo capo gridare: - Io sono il re dei re!
Ma sollevando di nuovo la faccia vide, o gli parve vedere, il sembiante del papa pieno così della divinità da lui rappresentata che sentiva sconfortarsi dentro dal rimorso quasi avesse meditato il parricidio.
Di subito lo trassero nella cappella dedicata a San Gregorio, dove lo avvolsero nell'amitto, nel camice e nella dalmatica, e sopra gli posero il manto imperiale di ricami e di gemme gravissimo; sicchè non avrebbe potuto di leggeri sostenerlo, se il conte di Nassau da tergo, i vescovi di Bari, del Palatinato, di Brescia e di Caria nel regno di Leone dai lati, non ne avessero sorretto i lembi: in questo modo abbigliato, lo fecero andare fino a mezzo del tempio, dov'è la ruota di porfido; quivi tre volte benedetto si accostò all'altare maggiore, costrutto ad immagine dell'altare di San Pietro in Roma.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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