Abietto come uno schiavo, arrogante come un compagno ai misfatti d'un principe, insopportabile come un plebeo che reputa l'opera sua necessaria. - Così almeno ce lo descrivono le memorie dei tempi.
Un raggio di luce piombando dalle finestre superiori circondava la persona del Pontefice. La gravità del volto, la magnificenza delle vesti, la solennità dell'attitudine, santificate, per così dire, da quel raggio solitario, lo rendevano venerabile. - Il petulante soldato gli si accostò nel modo che si usa fra antichi famigliari e non fece atto nessuno di riverenza e di ossequio. Clemente allora stese la mano quasi per vietargli s'inoltrasse più avanti; ma egli gliela prese e, forte stringendola, esclamò:
Che Dio vi conceda il buon giorno e il buon'anno, messor lo Pontefice, Voi mi parete, con buon rispetto vostro, Lazaro resuscitato: state lieto, che presto riavrete Fiorenza: su, allegro via: se non sollevate l'animo, davvero, prima di tornare a Roma, ho paura che ve ne andiate a Scesi...
(101) E così continuava.
Il Papa ritirò la mano, e le guance per vergogna gli diventarono vermiglie. Poco fa un imperatore prostrato gli baciava i piedi, adesso un masnadiere gli stringe la mano non altramente che se fosse un fratello in ribalderia o femmina di partito. Così è: chi si compiace andare per vie fangose, non deve dolersi se s'imbratta i sandali; - e fin dalle età rimote Dante insegnava: In chiesa co' santi, in taverna co' ghiottoni.
Santità, che vi par egli? Vi ho servito ha dovere? Avrei voluto riporre i rocchetti d'oro che mi furono consegnati per ordine nostro nel forziere di qualche magnificenza di ambasciatore, ma e' non mi riuscì mai di penetrare di notte nella loro stanza; - e poi, vedete, io non mi sapeva risolvere a perdere que' bei rocchetti d'oro; ho propriamente violentato la mia natura; in fè di Dio, non vi salti in capo un'altra volta di comandare a un soldato che si disfaccia di così ricca roba.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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