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      - Aprite, Giulio, l'animo vostro intero. Ormai non ingannate nessuno, nè uomini nè santi. Voi intendete assoluto signore dominare su Fiorenza. Voi vorreste le nostre teste scalini per salire sul trono e quindi le prime ad essere calpestate.
      Or bene, dunque sappiate, poichè la Repubblica non ha potuto impetrare mercede alcuna da voi per liberarsi da sì gran danni che le fa attorno l'esercito vostro, averci ella commesso di far intendere alla Santità Vostra, essere in tutto deliberata a sostenere la sua libertà fino alla morte. In tanto giusta causa non trovando pietà appresso voi, come si converrebbe a vicario di Cristo, ricorre al trono di Dio e lo supplica che, viste le ragioni dell'una parte e dell'altra, dia di noi quel giudizio che gli parrà giusto. Sappiamo che nella difesa che fa la città, la quale è pur vostra patria, difende in prima la libertà, dono largito da Dio ai mortali per lo più bello e più maraviglioso ch'egli mai conceda dopo la vita; dipoi vi si difende la religione, i figliuoli, la roba, cose sopra tutte carissime, le quali dal vostro esercito, composto di barbare nazioni, ci sono disperse, parte ammazzate, parte messe in pericolo, senza scorgersi in voi non dico ombra di misericordia, anzi scorgendosi in voi ognora più una grandissima crudeltà contro di lei nella quale nato, allevato e per suo mezzo a così alto grado condotto vi siete. Dalla pietà di questa condotta in tante miserie se non vi muovete, quale altra cosa vi muoverà a compassione? Non posso, rimettendomi nella memoria i crudi strazii ch'ella patisce, contenere il pianto e non dirompermi di tal maniera nelle lagrime che più non possa, non dico parlare, ma sostenere questa infelicissima vita.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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