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      Continue paure sgomentano gl'indagatori delle arti arcane vietate ai mortali, ed è la storia tra queste. Come l'albero della scienza dell'Eden, sta nella vita umana lo studio; quello produsse la morte del corpo, questo la certezza del male, ch'è la morte dell'anima.
      Infelicissima vita dell'uomo giunto a penetrare gli arcani difesi! perocchè i cieli mente bastevole a separarlo dai suoi fratelli di miseria gli concedessero, tanta poi che valesse per sollevarlo alle sostanze spirituali gli negassero. Ora la superbia lo trattiene dall'inclinare lo sguardo sopra una stirpe che egli calpesta e disprezza perchè non sa migliorarla; la disperazione gli dice fissarsi invano occhio mortale nell'alto. Fin dove poteva sorgere, egli è sorto: adesso si roda le viscere. - Ah quasi per errore egli venne tra le cose create: quanta sarebbe pietà riporlo tra le disfatte!
      Un tempo fu, adesso per molta età diventato antico, in cui gli uomini ordinarono al poeta adombrate dal velo delle allegorie le sentenze della dottrina morale rappresentasse; ed Eschilo allora immaginava cantando il figlio di Giapeto, salito all'Olimpo per conforto di Pallade, rapirne il fuoco celeste e vivificare con quello lo spirito umano. Geloso il tiranno dei cieli, lo condannando ad immortale supplizio, mandava l'avoltojo a pascere il fegato perenne al sapiente infelice. Incatenato alle rupi del Caucaso, chiama Prometeo(110) l'etere, la terra e il mare in testimonio dell'atroce ingiustizia. Lui incitava al meglio il grido della natura; una pietà profonda, un sublime pensiero lo spinsero a fare meno triste le sorti della bestia che parla.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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