Frate Girolamo, che del reggimento degli stati, se quel suo zelo soverchio per la religione non l'offuscava, intendeva assaissimo, attese molto diligentemente a persuadere altro essere libertà, altro licenza, popolo non doversi confondere con la plebe, consiglio generale differire da tumulto in piazza; ed in ammaestramento perpetuo che la sfrenata larghezza dei consigli è madre certa di tirannide, volle nella gran sala a lettere maiuscole fosse scritta la stanza seguente:
Se questo popolar consiglio e certoGoverno, popol, della tua cittate
Conservi che da Dio ti è stato offerto,
In pace starai sempre e in libertate:
Tien' dunque l'occhio della mente aperto,
Chè molte insidie ognor ti fien parate,
E sappi che chi vuol far parlamentoVuol tòrti dalle mani il reggimento(123).
Intorno alla mura della sala avevano ritta una ringhiera col piano alto tre braccia sopra il pavimento, balaustri davanti e seggi come in teatro; quivi dovevano sedersi i magistrati della città. Nel mezzo della parete volta a levante, sopra residenza più eminente, stavano il gonfaloniere di giustizia e i Signori: - nella facciata dirimpetto era l'altare, e accanto all'altare la tribuna, in quel tempo chiamata bigoncia, per gli oratori. Nel mezzo poi della sala si vedevano panche disposte in fila per i cittadini. Tal era, nei tempi di cui narro la storia, la sala del Palazzo della Signoria, ai giorni nostri volgarmente chiamato Vecchio.
Mi sia concesso con quella brevità ch'io potrò maggiore esporre quali si fossero i magistrati che partecipavano alla Pratica, come nascessero; quanto e quale potere esercitassero.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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