Al Morticino degli Antinori, giovane ferocissimo ed emulo antico del Castiglione, increbbe quel parlare modesto, e più del parlare l'autorità grande esercitata sopra le turbe, onde, morso da invidia, si avvicina a Tebaldo e gli susurra all'orecchio:
E chi siete voi da lasciarvi menare così pel naso da quel Morgante maggiore? Alla statura, ma più alla durezza, e' mi sembra il fratello del Davidde di Michelangiolo: - diamo la baia anco a lui; prendiamo a sassi il protetto e il protettore.
Questo non faremo noi
, con mal piglio, rispondeva Tebaldo: "e chiunque si attentasse di farlo, proverebbe come le mie braccia pesino. Chi siete voi, messere? Io non vi conosco. Dante mai sempre ci si mostrava amico, - anche al tempo dei Medici, sapete, egli mi domandava: Tebaldo come stai? come va la moglie e i figliuoli? e lavori ve ne sono? - e quando io era tristo e crollava la testa, mi confortava sommesso: "spera, non sempre rideranno costoro; non per anche abbiamo fatto i conti; Dio non paga il sabato e per ogni tuo bisogno fa capo a casa. Noi non nascemmo gentiluomini per essere ingrati...."
Ed un altro del popolo riprendeva:
Aggiungi, frate, ch'io mi rammento aver veduto il messere a codazzo dei Medici e dei cardinali quando dominavano la città. Ora, dite voi altri, ci vedemmo noi mai messer Dante?
A che perdiamo più tempo con questa figura da campo santo?
continua un altro. - "I compagni si sono avviati, e noi arriveremo ultimi. Lasciamo il dottore, - un giorno o l'altro ci darà maggiore diletto, quando si dimenerà dentro il paretaio del Nemi(130)".
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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