Egli era franco cavaliere il mio nemico e spedito così che ben ci voleva arte e prontezza per accorrere alle difese; chi fosse ignorava: - il volto tenea coperto con la maschera di velluto. Durava da un quarto d'ora il duello, nè la fortuna pendeva da una parte piuttosto che dall'altra, quando ecco accorgermi ch'ei tenta imprigionarmi la spada e strisciando col pugnale lungo là lama ferirmi; uso l'inganno e fingo lasciarmi vincere, sicchè egli, precipitando a mano destra l'offesa, allenta a mano sinistra la difesa; allora con un punto rovescio ponendo la sua spada a contrasto tra la lama del mio pugnale e la traversa, le do a leva di forza e gliela faccio balzare di mano: nel medesimo tempo indietreggio di un passo, riguadagno la mira e poi sottentro veloce tenendo a bada con la spada il suo pugnale ed incalzandolo mortalmente col mio: povero di consiglio, presago oramai del suo fine, mentr'egli cerca salute nei passi retrogradi incespica e cade. La maschera gli sfugge dal volto, le sue sembianze rivela; allora un altissimo grido mi percuote, sollevo gli occhi e vedo la donna mia scarmigliata affacciarsi alla finestra e, tese le braccia supplicare in mercede: Deh! per Dio non lo uccidete, ch'egli è mio fratello di sangue. - Già dal suo palazzo prorompevano intanto armati e il padre per aiutarlo: intempestivo soccorso perchè la sua vita stava nelle mie mani. Riposi pacate la spada e il pugnale, e la mano gli porgendo a sollevarlo. - Messère, gli dissi, potrei darvi là morte, ma penso dovere esservi molto maggiore castigo la vita; perchè tanto odiate chi vi ama?
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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Deh Dio
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