- Scioglietemi, gridai, o me ne renderete ragione davanti gli Otto: chi vi ha detto che io sono pazzo? Dov'è questo marrano, questo ribaldo? Io fui tradito, percosso, ed ora mi legate per pazzo... ve la dirò io la storia... uditela... forse ne sentirete pietà. - Ecco, interuppe lo spedalingo dal volto di colore del piombo, i sintomi da voi presagiti ritornano; un accesso di mania lo minaccia... - È indubitato! risponde il medico aggiustandosi
con sufficenza il collare, e si dispone a partire. - Forse non volendo il medico mi conservava la vita; imperciocchè se mi avessero sciolto un momento, malgrado la debolezza estrema, la piaga mortale, io sarei balzato dal letto per correre non già alla vendetta ma al sepolcro... e per avventura era il meglio. Se colà dentro io non perdei lo intelletto, ne ho l'obbligo al pensiero fisso dei miei dolori, il quale non mi concedeva che non ponessi troppa mente ai miseri rinchiusi nell'ospedale. Immaginate: da un lato mi stava una madre maniaca la quale nell'ultima piena dell'Arno aveva perduto casa, marito e due figli. Ogni notte, quando il sonno cominciava ad aggravarmi le palpebre, ecco la donna con urli lugubri gridare: - La piena viene!... la piena viene! - prendi il tuo figliuolo, Giovanni; io prenderò la bimba, e fuggiamo via... - E dopo poco mutando voce riprendeva: - Sta cheta, strega, io vo' dormire; se non ismetti di gracidare ti do della marra sul capo... - Sii maledetto! borbotta fra i denti e quindi soggiunge con voce naturale: - Lévati, prendi il figliuolo e quanta masserizia più puoi; ubriacone, lévati.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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Otto Arno Giovanni
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