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      Costui
      , esclama Michelangiolo accennandolo col dito al Castiglione, "dev'essere uomo fatto grande dalla sventura o dalla pazzia."
      Era cotesto vecchio il padre di Annalena; se Michelangiolo indovinasse giusto, a suo luogo e tempo saprete.
      Or via ditemi, messere Dante, a che mi chiama il Carduccio?
      Per cosa al certo di gravissimo momento, - Dacchè con molto arcano vi aspetta nel cimitero di Santo Egidio.
      Sta bene! obbedisco; seguitemi un istante.
      Ciò detto, riprende quel terribile uomo i suoi presti passi; rifacendosi dalle falde del monte s'indirizza alla cima visitando le opere, lasciando ordini e tuttavia ammonendo, rampognando e lodando: venuto al sommo del poggio, si volta improvviso ad una forma che così al barlume Dante su le prime non ravvisò se fosse o no animata, e con affettuose parole le dice:
      Deh! in guiderdone al tuo fattore, o Vittoria, finchè io ritorni non partirti da questi baluardi.
      Che cosa è ella, Michelangiolo?
      domanda Dante.
      Vedi!
      e presa una torcia di mano a un marraiuolo che passava, svela allo sguardo del Castiglione stupefatto una statua colossale rappresentante la Gloria militare o la Vittoria, scolpita in un masso di pietra serena; ella era in atto che, volgendo il capo dall'altra parte, non curava mirare la città di Firenze, che appunto le veniva a mano sinistra; aveva l'ale, in capo l'elmo, ed armi e simboli altri diversi sparsi sul monte che le serviva di base(149).
      Che te ne pare?
      Mi pare divina.
      La è poca cosa... Io l'ho condotta così alla grossa senza modello e di notte(150).


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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