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      - Messer commessario, comechè il mondo vi reputi, e veramente siate uomo savio, udite un consiglio di cui farete vostro senno: - non vi avvisate mai toccare cane che rode nè giuocatore che perde.... A me, Franz! - Vuoi tu affrettarti, Franz? che Dio ti confonda!
      Baccio Valori trasse un grandissimo sospiro e susurrò sommesso: O papa Clemente, tu hai pensato un diavolo cacciasse l'altro, ma per questa volta temo forte non ti abbiano a cascare addosso tutti due.
      Fu portato lo stipo, e caso fosse od industria di giocatore, la mano del principe tante volte vi attinse danaro che alla perfino si trovò vuoto; egli però come colui che nella febbre del giuoco aveva perduto il lume degli occhi, non si accorse della perdita enorme, se non quando, cacciandovi dentro la mano, le dita strisciarono sul fondo e non poterono raccogliere che alcune rare monete; allora con grido convulso esclamò:
      Per Dio, me gli avete finiti tutti!
      E lanciò su i circostanti uno sguardo tagliente quanto il filo della mannaia: poi dopo dette in altissimo scoppio di riso, che pareva gli si dovessero rompere le vene del cuore, e con voce più impetuosa soggiunse:
      Ebbene, dov'è andato il brigantino vada la barca. Capitano Corrado, giuoco lo stipo. - Io lo valuto dieci ducati d'oro del sole. - Come, non costa egli dieci ducati? Io intendo e voglio che costi dieci ducati. - Vorresti, morte di Dio! tribolarmi per un ducato, quando me ne hai vinto le migliaia?
      Ma che ho io a farmi del vostro stipo, Filiberto?
      rispose un giovine pallido, di capelli rossi, di sguardo falso, appellato Corrado Essio.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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