Certo qualcheduno ne diè lingua al nemico, ma il come era arcano; in così breve spazio di tempo quanto ne corse tra il consiglio della impresa e la esecuzione, pareva cosa soprannaturale il cenno dato agli Orangiani; l'inferno congiurava contro Firenze; - congiuri a sua posta: sta per Firenze Ferruccio, e se lo vedremo costretto dai fati tramontare, sarà il suo tramonto splendido di gloria e, morendo, annunziatore di giorno più felice: egli pertanto non devia col pensiero a immaginare come ciò fosse avvenuto; in lui non può capire idea di resa, - e d'altronde sarebbe folle il combattere.
Vico, figliuol mio, chiamami i capitani... vola.
I quattro capitani delle compagnie gli stanno attorno.
Prodi uomini, bisogna andare in Empoli, e vi andremo; - adesso celeri e silenziosi sbandatevi; cuopra ogni uomo la corda accesa dell'archibuso; dalla mano destra e dalla sinistra si distende la campagna; - vi sieno asilo le fosse e i solchi; io co' cavalli mi precipito sul greto del fiume; date ordine che, quando non odano più rumore, o lo ascoltino lontano, i soldati sollevino le corde accese; - la voce del raccoglimento, - Patria e Libertà, Affrettatevi; - vive nel cielo un Dio pe' forti: - a me i cavalli....
E come disse fu fatto: i cento cavalleggeri si cacciarono giù alla dirotta per la costa del fiume, i fanti carponi sbandaronsi; e così bene o la fortuna secondò il disegno o la prudenza degli uomini che quando il nemico si accostò come a certa preda, stupì nell'incontrare gente armata disposta a combattere: avrebbero essi certamente ingaggiato qualche sanguinosa scaramuccia e si sarieno finiti fra loro, se, l'uno all'altro intimando la resa, non si fossero accorti appartenere alla medesima bandiera; i Fiorentini erano scomparsi; bene si addiedero di quello a che avevano avuto ricorso, ma la notte tuttavia alta, la imperizia dei luoghi e il non potere procedere uniti li dissuase mettersi alla ventura.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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