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      Lionardo si sentiva strangolare; tentò rompersi il collarino e non potè aiutarsi; allora si risovvenne avere la daga, la trasse fuori, e sollevato il braccio incise profondamente il cavallo nella spalla; inferocito l'animale dallo spasimo, imperversa per la campagna traendo in sua balìa cotesti due inferociti. Lionardo agita le gambe per l'aria e stretto alla gola non profferisce parola alcuna di resa; al Sassatello sbattuto dalla corsa non è concesso assestare un colpo; fuga d'inferno era quella.
      Dai giovani suoi compagni, che molto lo amavano, si levò una voce: "Ahi! Frescobaldi... Frescobaldi è morto!"
      Nè però alcuno si moveva di schiera; solo il Morticino degli Antinori, per ordinario pallido, adesso poi cosperso di più spaventevole pallore, accorre come forsennato, e giungendo le mani gridava da lontano:
      Capitano Giovanni, deh! per Dio, lasciatelo, - egli è un fanciullo: non gli far male, in nome del tuo Cristo; - bada.... rammentati che tu pure hai un figlio di età uguale alla sua... Lasciatelo, Giovanni, io vi verrò prigione invece di lui...
      Vedi il gagliardo! io lo tengo come un'oca... Forse dalle oche imparò a gridare; - da cui il combattere? - Per avventura, Antinori, da te?
      Sì, via, - ma rendilo.
      Io non lo tengo, per soldato, - e ne voglio per riscatto mille fiorini d'oro.
      E disparve galoppando.
     
      Rientrarono le nostre milizie sanguinose, non vincitrici nè vinte, ma, se si riguarda allo scopo ottenuto di mandare gente in soccorso di Empoli e al gonfalone imperiale rapito, superiori piuttostochè superate; non pertanto andavano meste, come quelle che si vedevano sceme di molti fratelli.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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