Va... lasciami in pace... - e non farmi più così paurosamente aprire le palpebre... le tengo chiuse per insegnare loro a morire.
Il Morticino degli Antinori nella sala di casa sua attendeva a contare; aveva noverato fino a cinquecento, quando palpitante di ansietà gittò uno sguardo cupido nello scrignetto per vedere se bastassero... gli parve di sì... riprese a contare - seicento; riguarda e si conferma nella speranza; - settecento; - ottocento; - se pochi ne mancano, saprà ben egli dove trovarli; - novecento... e quell'orgoglioso Castiglione... avrebbe voluto avvilirlo... e, oh dolore! egli avrebbe dovuto piegare l'anima all'avvilimento... lo avrebbe fatto, - e si sarebbe poi ucciso... - adesso... oh ineffabile esultanza!... novecento novantanove... mille!
Un fante sollevando l'arazzo teso a guisa di portiera davanti alla porta principale della sala gridò:
Messere Dante da Castiglione.
Ben venga il Castiglione - ben venga.
Dante inviluppato dentro largo mantello bruno s'inoltra taciturno e, posato sopra una tavola certo sacchetto di danaro, si riduce a favellare coll'Antinori nel vano di una finestra:
Morticino, io non so perchè voi mi portate rancore; avete torto: - io vi amo, e voi pure dovreste amarmi. Voi avete un nobil cuore, - e non è vile il mio; - l'uomo soffre tanto nell'odiare!... più che non tormenta egli è tormentato. - Tali angosce seminano su la nostra vita le infermità, le sciagure che davvero, per essere infelici, non fa mestieri aggiungervi dolori con le nostre mani.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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