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      I nobili sentirono come propria la ingiuria con la quale mi offese Francesco Ferruccio, quando io me ne stava commessario a Prato. Cotestui, pur dianzi a tutti ed a sè stesso oscuro, uso a servire in bottega, per carità riscattato dalla prigionia degli Spagnuoli dal mio consorte Tomaso Cambi(188); costui, dico, ardiva al cospetto dei soldati sostenermi in volto ch'io non intendeva la milizia e che badassi alla mercatanzia(189). I nobili han fermo di vendicare l'ingiuria e non sopportare altro strazio: conosco gli umori; mi sono note le voglie; io mi porrò a capo dei grandi... nissuno meglio di me lo potrebbe: io nasco di casa Soderina... voi lo sapete.
      ,
      Io so due cose della vostra famiglia, messer Lorenzo
      , favellò il Malatesta; "che Piero giunto a capo del reggimento non lo seppe tenere e adesso vive misera vita a Vicenza; e l'altra cosa da me conosciuta si è questa, che l'arme vostra troppo apparisce ornata per abbisognare di altro fregio(190)."
      Sentì il Soderini acerbissima la plebea contumelia e, forte commosso, stava per darle convenevole risposta, allorchè si udì dalle stanze contigue la voce di Cencio Guercio che gridava:
      I magnifici signori Dieci di libertà e pace...
      I Dieci!
      esclama Malatesta, "noi siamo tutti morti."
      Misericordia! i Dieci!
      ripresero a coro gli altri, tranne il Bandino, che disse:
      Non mi avranno vivo.
      E mentre queste diverse espressioni si manifestavano in un punto, il Baglione affrettandosi a fuggire rovescia la lampada, che cadendo si estingue.
      Succede un buio pieno di paura, un silenzio rotto soltanto dallo stridore di denti dei ribaldi traditori, i quali ad ogni istante temevano rischiarate quelle ombre e vedere il primo raggio di luce riflesso sopra la spada del carnefice.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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