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      I popoli si commossero, brulicarono e si avventarono a guastare case e giardini, amorosa cura degli avi e di loro stessi. Se in cotesto istante fossero sopraggiunti i nemici, nel vedere il furore che gli agitava, non avrebbero saputo che cosa pensare; gli olivi, le viti cadevano; sbarbavano cedri, melaranci e rosai; i tempii e i palagi rovinavano; i padroni delle case e degli orti, non che si mostrassero mesti nel sembiante e mettessero guai, inanimavano gli altri, e sopra gli altri non rimettevano dallo affaccendarsi; per quelle rovine si avvolgevano tutti polverosi, sudanti, divampanti nel volto. Dante da Castiglione, Ludovico Martelli, il Busini, Lionardo Bartolini e frotte di giovani per virtù propria e per chiarezza di stirpe cospicui. Donne e donzelle si mescevano tra la folla ed emulavano, operando, i più gagliardi, seguendo la natura loro sempre estrema così nel male come nel bene; e sì che quei luoghi erano cari alla più parte di esse per soavi ricordanze di amore: lì presso a quel rosaio venne prima il diletto garzone, là in quel viale per la prima volta gli favellarono, in quell'altro la prima parola di affetto fu mormorata, - udì quel pergolato i fidati colloqui e discreto testimonio ricoperse gli amanti dei copiosi suoi pampini; e la musa sogguardando tra le rosee sue dita, ben altri atti scoperse, e brevi sdegni e liete paci, che pure potè senza arrossire, comunque vergine cantare sopra la celeste sua lira. Per questi prati fioriti vennero spesso giovani amanti e donne innamorate; e mentre l'arancio profumava l'aria del divino suo alito, la melodia degli uccelli riempiva l'emisfero come di un inno di gloria, e il cielo era azzurro, il sole maestoso nella potenza dei suoi raggi, ripensarono all'arcano desío dei loro cuori, e in quella universale ebbrezza della natura rimasero esaltati, lo abbellirono di tutto quel riso del creato; che fosse oggetto terreno e mortale dimenticarono, lo incoronarono di rose eterne, per celebrarlo adoperarono un linguaggio che, da Platone e dai poeti fiorentini in fuori nissuno altro labbro nel mondo seppe favellare poi.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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